PENNELLATE DI VITA SULLA PELLE di Italia Gabriella Sorgi
 
  E' edito, per le Edizioni Terzomare, "Pennellate di Vita sulla Pelle" di Italia Gabriella Sorgi.



Pubblichiamo la prefazione di Giuliano Angelini e dei brevi stralci tratti da alcuni dei racconti che compongono il volume
 
 

PREFAZIONE

Ricordare, raccontare e disegnare è un esercizio in cui l’autrice dei “frammenti di vita” si cimenta con maestria straordinaria, portando alla ribalta personaggi semplici, schietti ma animati da sentimenti al di fuori del comune pensiero razionale.
I racconti sono solo apparentemente slegati perchè, comunque, guidati da un filo conduttore costante: il desiderio di ricercare lo spirito, l’anima nelle vicende umane, “l’anima mundi”. Essi comprendono tutto l’arco temporale della vita vissuta dalla Gabriella Sorgi, dall’infanzia all’adolescenza e alla maturità, in una continua e altalenante raffigurazione di immagini sulla grande tavola dell’universo. Sono sbuffi di colore dalle tonalità accese di volti strani, fuochi violenti che illuminano la notte e scoprono ciò che i sogni hanno trasfigurato.
L’autrice esalta sempre la virtù di chi osa superare i limiti della cruda realtà, osa andare oltre la routine quotidiana.
Perfino la morte viene animata attraverso l’interiorizzazione del male, del cancro portatore di cellule vaganti come libellule nell’etere.

 
 



L'INIZIO

(...) Piego la testa sul davanzale, un vento fresco mi sfiora la testa, refrigerio magico. Riesco ad alzare lo sguardo, si alzano dalle mille foglie del folto bosco sotto la mia testa le mie cellule che muoiono: milioni di farfalle bianche innevano le chiome degli alberi fino ad arrivare al mio volto (...)

 
 



ZIE' PAOLILLE
(Macchè)

(...) E così Settimio, sporco, stanco, affamato, esaurito, fu portato in braccio davanti a Sistì. Sistì se lo abbracciò e fra lacrime e carezze coccolò per ore il povero pastore.- Sistì, se continui a lisciarmi ci rimane l'ossa. Sto morendo di fame è un mese che non mangio.
Settimio fu lavato, asciugato, stirato, gli fecero pelo e contropelo, lo rivestirono da signore e lo portarono al tavolo a mangiare col Papa (...)

 
 



I SEPOLCRI

(...) Gli occhi veloci scoprivano il viso soddisfatto di nonno Micucce.
Dio, quanto l'amavo!
- Cenerentola vanitosa, ti piacciono? - Un lieve “si” usciva stentatamente dalle piccole labbra.
Poi arrivavano le scarpe per Luigi mentre io, sempre seduta, alzavo le gambette e miravo i piedi che guizzavano come pesci nelle belle scarpe bianche, aspettando il via per toccare terra (...)

 
 



L'INGIUSTIZIA

(...) Non volevo, non potevo entrare, non vedevo.
Nel silenzio della via si sentirono lievi lamenti. Nessuno sentiva all’interno. Qualcuno sentì all'esterno. Interno vuoto e buio. Interno nullo e vago.
Interno sanguinante e rumoroso: il mio (...)

 
 



LA QUERCIA

(...) Sgattaiolavo al venir della sera, dalla finestra al primo piano della camera di mio nonno, per andare da Marinetta, da Natalucce, da Giannino e da Mariella
Avevo all'incirca cinque anni. Una bimbetta agile e furbetta, con gli occhi luminosi e vispi che girano lentamente e veloci per trovare l'attimo da cogliere per poter uscire e correre a gambe levate verso la mia avventura (...)

 
 



IL VESTITO

                        
(...) Nonna Giuseppina, larga un metro e mezzo, alta un metro. Ondulante, con le gambe storte, si avvicinò e aprì il cassetto del comò. Mi porgeva un pezzo di stoffa di cotone lucido con i pallini colorati. Era un pezzo di stoffa che aveva da tanto tempo, voleva farci le “parnanze” (...)

 
 



LA MAGARA

(...) Era il ventuno giugno. Avevano mietuto i campi di grano. La fanciulla aveva sudato e la notte le era venuta la febbre, il giorno dopo sempre più alta (...)

 
 



SEI LETTERE

(...) Mi abbandono totalmente.
Mentre procedo supero il tempo e lo spazio e mi porgi la mano, mio Signore. Mi plachi.
Ti chiedo che il cappotto protegga SEI LETTERE.
Seduta ai tuoi piedi mi ritorna la forza (...)

 
 



LA LOTTA

(...) Ogni volta affronto il virus del mio desiderio.
Ogni volta una lotta per morire.
Ogni volta il cuore va a mille.
Ogni volta la lotta è titanica.
Ogni volta brucia la negazione, il dolore di non essere accettata.
Sento il fuoco e lotto (...)

 
 



LA VISIONE ARTISTICA NELLA TRAGEDIA

(...) Il peso che porti ora è più alto.
Il gioco è più rischioso.
La quotidianità reale ti afferra la gola e senti l’angoscia devastante.
Non ce la fai.
Perdi tutto fino ad incontrare la morte reale.
È un attimo, essa è dolce e seducente, ti attira fra le sue braccia e senti un piacere dolcissimo.
La tentazione è forte.
Decidi e torni indietro (...)

 
 



UNITI

(...) I singhiozzi rimbombano nella piccola chiesetta, insieme ai miei, e si spargono come il vapore del temporale sopra il faggeto.
Fusione degli elementi.
Fusione di noi (...)


 
 
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